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Brigante o gentiluomo. La storia, e la leggenda, di Gnicche

Un ladro e un assassino agli occhi della legge, mentre i canti popolari parlano di una sorta di Robin Hood aretino

La foto di Gnicche in arresto. L'immagine venne realizzata dopo la morte del bandito

"Sei peggio di Gnicche" dicevano i nonni ai nipoti troppo vivaci e chiassosi qualche tempo fa. Solo pochi lo ancora oggi accostando i piccoli a quel soprannome che fu affibbiato secoli fa a Federigo Bobini. Un ladro per la storia, un gentiluomo per la leggenda. Una sorta di Robin Hood aretino che rubava ai ricchi per dare ai poveri secondo il folklore e le ballate che sono state tramandate negli anni soprattutto ad Arezzo e in Valdichiana. Ma chi era Federigo Bobini?

I primi anni a Colcitrone

Federigo Bobini nacque il 13 giugno 1845 in una famiglia di origini umili. Fin da giovanissimo aveva organizzato una piccola banda in zona Santa Croce ad Arezzo, quartiere che gli aveva dato i natali. A soli 19 anni venne denunciato dal padre Sebastiano al quale aveva sottratto del denaro. Scontata la pena non limitò la sua attività di brigante iniziando a colpire nelle campagne attorno alla città.

Amante del giocodelle donne e del ballo, nella sua biografia desta scalpore la ricostruzione di quella sera in cui Gnicche voleva recarsi al Prato di Arezzo dove era stata allestita una balera. I carabinieri gli davano la caccia e allora Federigo fermò una donna in un vicolo del centro storico portandogli via i vestiti per poter ballare indisturbato grazie al travestimento. Celebre l'episodio accaduto in una villa del cortonese. Gnicche si era recato in casa di un nobile con l'intenzione di portargli via una somma ingente a carte. Il nobile lo accusò di barare e Gnicche estrattò il coltello glielo porse dicendo di essere un gentiluomo e un uomo d'onore e di non aver paura di lui.

Gli omicidi, le rapine e la fuga

Condannato a otto anni in contumacia nel 1869 commise il suo primo omicidio. Gnicche fece visita alla fidanzata, Francesca Borgheresi, a Santa Firmina. Qui venne sorpreso dai carabinieri che lo avevano seguito. Federigo non si lascò catturare: salì sul tetto e imbracciata la doppietta uccise il carabiniere Luigi Gnudi di soli 24 anni. Proseguirono le rapine commesse da Gnicche fino al nuovo arresto nell'ottobre del 1870. Pochi mesi dopo ecco la fuga rocambolesca dal Palazzo Pretorio, un tempo carcere di Arezzo e oggi sede della biblioteca comunale. Da questo momento iniziò il periodo più cruento nella storia di Gnicche che non lasciò l'Aretino forse per vendicarsi di chi lo aveva tradito e fatto arrestare. Negli ultimi mesi di vita uccise un uomo a Sargiano e una donna nel cortonese.

La morte a Tegoleto

Il 14 marzo del 1871 Gnicche fu scoperto a Tegoleto nel comune di Civitella in Val di Chiana. Ne nacque una collutazione con il brigante che tentò la fuga. Uno dei carabinieri aprì il fuoco e colpì alla schiena Federigo Bobini. La ferita fu letale e come riporta il verbale dei carabinieri spirò prima di arrivare alla caserma.

"Comparve d’improvviso il noto malandrino Bobini armato di tutto punto… Vederlo ed avventarglisi fu per il Mongatti un atto solo, afferrandolo al petto. Pronti lo strinsero pure gli altri due suoi colleghi e lo gettarono a terra e dopo accanita lotta riuscirono ad ammanettarlo. Nella lotta il Mongatti per morsicatura dell’assassino ebbe tronca la prima falange del dito indice della mano sinistra e gli altri due riportarono alcune sgraffiature e morsicature alle mani di poca entità. Fattolo rialzare ed avviatosi verso la caserma di Badia al Pino, ad un tratto spiccò un salto oltre la siepe laterale al fosso e velocissimo si diede alla fuga… Il carabiniere aggiunto Dilaghi gli assestò tre colpi di revolver cogliendolo alle reni in modo da farlo cadere esanime al suolo. Trasportato nella caserma di Badia al Pino, egli prima di giungervi, spirò".

La foto con i tre carabinieri alcune ore dopo la morte

All'indomani della morte di Federigo Bobini il corpo venne trasferito nella camera mortuaria dello Spedale di Santa Maria Sopra i Ponti in Arezzo. Qui Ernesto Bellotti scattò la fotografia col suo dagherrotipo immortalando il corpo di Gnicche, morto, fra i Reali Carabinieri che lo avevano scovato e ucciso a Tegoleto. Ecco quindi in foto l'appuntato Alessandro Mongatti, di Barberino di Mugello, il carabiniere Antonio Banchelli, di Volterra e l'allievo carabiniere aggiunto Pasquale Di Laghi, di Figline, del 44esimo reggimento di linea in forza alla stazione di Badia al Pino, che lo sorreggono. Bellotti intervenne sulla foto per far sembrare vivo Gnicche che in realtà era già morto da diverse ore.

Il folklore e la leggenda

Dopo la morte la storia e la leggenda vennero a contatto. Anche perchè nella cultura popolare fatta di canti e ballate la figura di Gnicche venne associata per certi versi a quella di un Robin Hood aretino. Un ladro gentiluomo che rubava ai ricchi per donare ai poveri. I cantori locali ne hanno così narrato le gesta adattandole all'immagine di un eroe difensore dei deboli.
Se la storia di Federgi Bobini vi incuriosisce vi consigliamo allora di leggere il libro di Enzo Gradassi "Sopracchiamato Gnicche". Non un romanzo ma una vera e propria ricostruzione storica, basata su documenti e atti ufficiali, elaborata dall'autore che ha seguito passo dopo passo le vicende di questo uomo che nella sua vita si è reso protagonista di più di un misfatto diventando a pieno uno dei personaggi più noti del folklore e aretino.


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